Chi di noi non ha mai avuto un incubo notturno? Il “terrore notturno” (pavor nocturnus) o “disturbo da terrore nel sonno” però è un’altra cosa…
Secondo il DSM (Manuale diagnostico dei disturbi mentali) la caratteristica essenziale del Disturbo da Terrore nel Sonno è la manifestazione ripetuta di terrore nel sonno, cioè, di bruschi risvegli dal sonno che cominciano di solito con un grido di paura o con un pianto (Criterio A). Il terrore nel sonno usualmente comincia nel primo terzo del periodo principale del sonno, e dura 1-10 minuti. Gli episodi sono accompagnati da iperreattività del sistema nervoso autonomo e da manifestazioni comportamentali di intensa paura (Criterio B). Durante un episodio, è difficile risvegliare o rassicurare il soggetto (Criterio C). Se il soggetto si sveglia dopo il terrore nel sonno, non ricorda alcun sogno, oppure soltanto singole immagini frammentarie. Al risveglio al mattino successivo, il soggetto presenta amnesia per l’evento (Criterio D). Gli episodi di terrore nel sonno devono causare disagio clinicamente significativo o menomazione di funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti (Criterio E). Non dovrebbe essere fatta diagnosi di Disturbo da Terrore nel Sonno se gli eventi ricorrenti sono dovuti agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es., una sostanza di abuso, un farmaco) o ad una condizione medica generale (Criterio F).
Come si manifesta
Durante un episodio tipico, il soggetto emette forti grida o viene colto in preda a pianto, con un’espressione terrorizzata e segni neurovegetativi di intensa ansia (per es., tachicardia, tachipnea, vampate cutanee, sudorazione, dilatazione delle pupille, aumento del tono muscolare), ma può emettere anche schiamazzi, o vocalizzazioni incoerenti. Il soggetto può opporre resistenza attiva quando viene tenuto o toccato, o anche presentare attività motoria più elaborata (per es., dondolarsi, dare pugni, sollevarsi dal letto o fuggire). Questi comportamenti sembrano rappresentare dei tentativi di autoprotezione o di fuga da una minaccia, e possono provocare lesioni fisiche.
Il soggetto di solito non risponde ai tentativi degli altri di svegliarlo o rassicurarlo. Se svegliato, il paziente è confuso e disorientato per diversi minuti, e riferisce un vago senso di terrore, usualmente senza contenuto onirico. Benché possano verificarsi delle immagini oniriche vivide, frammentarie, non viene riportata una sequenza onirica simile ad una storia (come negli incubi). Più comunemente, il soggetto non si sveglia completamente, ma ritorna a dormire e presenta amnesia per l’episodio al risveglio il mattino successivo. Certi soggetti possono ricordare vagamente di aver avuto un “episodio” durante la notte precedente, ma non ne conservano una memoria dettagliata. Di solito ricorre soltanto un episodio per notte.
L’imbarazzo concernente gli episodi può interferire con le relazioni sociali. I soggetti possono evitare situazioni nelle quali altri potrebbero rendersi conto del disturbo, come andare in campeggio, fare visita agli amici di sera o dormire con compagni.
Soggetti coinvolti
Vi sono dati limitati sul Disturbo da Terrore nel Sonno nella popolazione generale. La prevalenza di episodi di terrore nel sonno (diversamente dal Disturbo da Terrore nel Sonno, nel quale vi è ricorrenza degli episodi e sofferenza o menomazione) è stimata dall’1% al 6% fra i bambini, e inferiore all’1% negli adulti. Fra i bambini, il Disturbo da Terrore nel Sonno è più comune nei maschi che nelle femmine. Fra gli adulti la distribuzione fra i sessi è uguale.
Cause del disturbo
L’eziologia del disturbo può essere riconducibile a:
– stimolazioni sonore o luminose durante il sonno;
– stress, ansia, periodi particolarmente densi di preoccupazioni;
– distensione vescicale;
– ipertrofia o vegetazioni adenoidee;
– febbre;
– alterazioni dell’equilibrio idro-salino;
– tratti ereditari.
La deprivazione del sonno, inoltre, può incrementare la frequenza del disturbo.
Corso, decorso e terapie utili
Il Disturbo da Terrore nel Sonno di solito comincia nei bambini ad una età compresa fra i 4 e i 12 anni, e si risolve spontaneamente durante l’adolescenza. Negli adulti esso comincia più comunemente nell’età compresa tra i 20 e i 30 anni, e spesso segue un decorso cronico, con episodi di frequenza e gravità altalenanti nel tempo. La frequenza degli episodi varia sia nel singolo individuo che da un soggetto all’altro. Gli episodi generalmente ricorrono a intervalli di giorni o settimane, ma possono presentarsi per più notti consecutive.
I soggetti con Disturbo da Terrore nel Sonno frequentemente riportano una storia familiare positiva per terrore nel sonno o per sonnambulismo. Certi studi indicano un incremento 10 volte maggiore della prevalenza del disturbo fra i parenti biologici di primo grado. I tipi esatti di ereditarietà non sono noti.
Se il disturbo si presenta occasionalmente e non si manifesta in forme causanti autolesionismi, non è necessario alcun tipo di intervento medico/psicologico. I genitori, o le persone conviventi devono evitare di toccare o prendere in braccio il soggetto (potrebbero aumentarne il terrore). Spesso, parlare dolcemente al soggetto lo aiuta a calmarsi ed a tornare, lentamente, a dormire.
A seconda dell’eziologia del disturbo la psicoterapia, in particolar modo la cognitivo-comportamentale (CBT – Cognitive-Behaviour Therapy), o un ciclo di consulenze psicologico cliniche che includono l’utilizzo di tecniche di rilassamento, può portare il soggetto affetto dal disturbo a un sensibile miglioramento dal fenomeno. L’obiettivo della CBT è quello di modificare tutti quei fattori che mantengono il disturbo, inclusi i fattori comportamentali (cattive abitudini di sonno, orari di sonno irregolari), i fattori psicologici (aspettative irrealistiche sul sonno, preoccupazioni, ansia) e i fattori fisiologici (tensioni mentali e somatiche, iper-attivazione).
Altri rimedi potenzialmente benefici possono essere cure farmacologiche (benzodiazepine), e cure naturali con fiori di Bach, musicoterapia. Rivolgersi ad un professionista sanitario (psicologo o psichiatra) abilitato è sempre il primo doveroso passo per curare in modo professionale il disturbo.
Bibliografia e sitografia
American Psychiatric Association (2000). DSM-IV-TR Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders , Fourth Edition, Text Revision.Edizione Italiana: Masson, Milano.
www.medicinasiena.it/DSM%20-%20IV/classi/classe12/frte01b2.htm