Secondo gli studi statistici più recenti, oltre il 70% delle madri manifestano, nei primi giorni dopo il parto, un leggero calo dell’umore. Questo disturbo è comunemente detto “baby blues” ed è riconoscibile soprattutto dalle crisi di pianto ingiustificato, l’irritabilità, e l’ansia. Il tutto normalmente tende a scomparire in pochi giorni o, al massimo, un paio di settimane.
Di queste, una percentuale più ridotta può evolversi in una “depressione post partum”. Il sensibile riscontro è frutto di uno studio eseguito dall’Università di Pittsburgh, in Pennsylvania, su 10 mila neomamme ricoverate nel reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale americano. La ricerca, è stata curata dalla dottoressa Dorothy Sit, e pubblicata su JAMA Psychiatry. I collaboratori della dottoressa hanno seguito le partecipanti allo studio per un anno, le mamme sono state intervistate telefonicamente dopo quattro e sei settimane successive al parto. Le informazioni totali hanno rilevato che il 14% delle neomamme era a rischio depressione post partum.
Il 20% del campione intervistato, ha spiegato la dottoressa Sit, ha avvertito pensieri di suicidio e in casi molto gravi alcune pazienti avevano deciso di togliersi la vita. Nel 22% dei casi è emerso che le neomamme hanno sviluppato sintomi depressivi dopo un anno dal parto. Secondo la ricercatrice, il costante monitoraggio sulle condizioni psicologiche delle pazienti è fondamentale per intervenire tempestivamente in caso siano accertati i sintomi della depressione.
Infine, un quadro clinico più grave, ma raro (un caso ogni mille neomamme) è rappresentato dalla “psicosi post partum”. Questa patologia si può presentare con: basso tono dell’umore, agitazione, confusione, disturbi del sonno, paranoia, allucinazioni, tendenze suicide o omicide nei confronti dell’infante.
La comunità medica/psicologica internazionale ritiene che le cause della depressione post partum siano legate ai cambiamenti ormonali e genetici e psicologici che avvengono nelle donne durante il periodo successivo alla nascita del bambino come descritto di seguito:
– I cambiamenti ormonali nella madre, soprattutto il calo degli estrogeni e del progesterone.
– Gli avvenimenti susseguenti al parto, come il nuovo ruolo sociale della donna, il peso delle maggiori responsabilità, il mutamento dell’aspetto fisico.
Per quanto riguarda l’approccio terapico, se i sintomi non interferiscono pesantemente con la vita quotidiana si possono utilizzare dei comportamenti che, quanto meno, evitino un aggravamento della situazione.
Alcuni accorgimenti che la madre dovrebbe prendere per arginare l’insorgenza dei disturbi sono:
– Non accettare troppe visite nei primi giorni di rientro a casa dopo il parto. In modo da evitare la confusione e l’invadenza altrui, e da permettere un più rapido stabilirsi del nuovo equilibrio familiare.
– Dormire, nei limiti del possibile, nelle stesse ore in cui riposa il bambino.
– Seguire una dieta equilibrata e leggera.
– Evitare l’assunzione di eccitanti quali alcool e caffè.
– Non vergognarsi di chiedere aiuto quando se ne sente il bisogno.
– Non isolarsi ma mantenere i contatti con amici e familiari.
– Rafforzare il rapporto con il partner.
– Cercare il confronto costruttivo con altre madri.
– Dedicare tempo a se stessa e alla propria persona.
– Non trascurare il contatto fisico con il bambino.
Gli amici, i familiari e, soprattutto, il partner della neo mamma dovrebbero:
– Offrire aiuto nella gestione della casa e del bambino.
– Mostrare disponibilità all’ascolto e al sostegno.
Se i sintomi riscontrati lascino intendere ad una depressione post partum, o a una psicosi post partum, è bene ricorrere ad un aiuto specializzato. Una consulenza psicologica mediante un breve ciclo di colloqui e la somministrazione di appositi strumenti diagnostici (scala di Edimburgo, PDSS, ecc.) possono appurare l’entità del fenomeno, ridurre e circoscrivere la sintomatologia, facilitando il benessere, l’armonia della neo mamma e il riequilibrio familiare.