C’è in atto un grande cambiamento nella vostra vita che vi porta una moltitudine di pensieri, ansia, stati depressivi, confusione, nella vostra testa? Magari anche qualche mal di testa in più di prima, qualche dolore di stomaco, notti insonni, o altre somatizzazioni corporee in numero più consistente? Magari state cambiando casa, lavoro, state chiudendo una relazione con il vostro partner, o al contrario vi state per sposare e tra i preparativi del matrimonio e l’accettazione della nuova condizione sociale vi sentite confusi, tramortiti, o con sintomi sopra descritti? Potrebbero essere disturbi da adattamento.
L’esistenza di ognuno di noi è in continua evoluzione e richiede la capacità di rispondere ai cambiamenti perché si possa proseguire con la propria vita ristabilendo un equilibrio quando qualcosa non è più come prima, ma non tutti reagiamo allo stesso modo quando la nostra vita cambia e non tutti reagiamo favorevolmente a cambiamenti che la maggior parte delle persone ritiene positivi, almeno in teoria.
Qualunque cambiamento, infatti, porta con sé la capacità dirompente di turbare profondamente l’equilibrio di chi lo vive o lo subisce, anche al di là di quelle che possono essere le legittime e razionali attese e aspettative. Ne consegue che anche di fronte ad un evento gioioso come il matrimonio, la nascita di un figlio, la promozione ad una miglior posizione lavorativa, il trasloco in una casa più grande e più bella in alcune persone prevale il disagio per il cambiamento rispetto alle emozioni positive che questo potrebbe portare con sé e porta effettivamente con sé quando avviene nella vita di altre persone. In generale si può affermare che nessun cambiamento è totalmente privo di aspetti negativi (o positivi), ma a volte la reazione difensiva del precedente status quo non nasce da una valutazione razionale della nuova condizione, ma rappresenta una risposta percepita come inevitabile, automatica e inspiegabile da chi la sperimenta in prima persona.
Per questo motivo la Psicologia Sociale considera qualunque life event una potenziale fonte di stress, perché ognuno di essi richiede il riadattamento del soggetto a nuove condizioni emotive e materiali che, a loro volta, gli richiedono risposte differenti da quelle che emetteva in partenza, comportando un costo cognitivo ed emotivo non indifferente.
E’ il caso del neo-genitore che non può più dedicare a sé stesso/a tutto il tempo libero, ma deve occuparsi del neonato e, per quanto questo gli/le faccia piacere, non riesce da subito a spostare il focus dell’attenzione sul nuovo nato senza provare un disagio e sentirsi sopraffatto/a dalla sensazione di non essere più padrone/a della propria vita e di non contare più come prima nella vita del partner.
Ma è anche il caso di chi vince una forte somma alla lotteria e, passata l’euforia iniziale, si sente disorientato perché non riesce a riadattare la propria vita alle accresciute disponibilità finanziarie e inizia a comportarsi in maniera incontrollata, cadendo infine in disgrazia.
Di conseguenza gli aspetti cruciali sono due:
– la percezione che un soggetto ha del cambiamento che lo riguarda, del quale può non essere del tutto consapevole, e che può portargli conseguenze spiacevoli nel momento in cui si sta riadattando alla nuova situazione;
– la natura intrinsecamente e oggettivamente perturbante l’equilibrio di un qualunque cambiamento, indipendentemente dalla sua valenza positiva o negativa.
I disturbi dell’adattamento sono definiti come “sintomi emozionali o comportamentali clinicamente significativi” che si sviluppano “in risposta a uno o più fattori stressanti psicosociali identificabili”.
La gravità di tali fattori stressanti non può essere sempre prevedibile dalla complessità del disturbo; la gravità del fattore stressante è una complessa alchimia di grado, quantità, durata, reversibilità, ambiente e situazione personale.
L’organizzazione della propria personalità e le norme socioculturali contribuiscono a determinare le risposte sproporzionate ai fattori stressanti.
I fattori stressanti, come già accennato, possono essere singoli, come il divorzio o la perdita del lavoro, o multipli, come la morte di una persona importante che avviene contemporaneamente all’insorgenza di una malattia fisica o alla perdita del lavoro. Possono, inoltre, essere ricorrenti, come difficoltà stagionali negli affari, o continui, come una malattia cronica o il vivere in povertà.
Difficoltà in una relazione familiare possono causare un disturbo dell’adattamento che coinvolge l’intero sistema familiare, oppure il disturbo può essere limitato al paziente, come quando questi è vittima di un crimine o di una malattia fisica.
Specifici momenti di “rituali di passaggio” della vita come l’inizio della scuola, l’abbandono della casa, il matrimonio, la nascita di un figlio, l’insuccesso nel raggiungere mete lavorative, l’abbandono della casa da parte dell’ultimo figlio e il pensionamento, sono spesso associati a un disturbo dell’adattamento.
QUANDO SI FA DIAGNOSI DI DISTURBO DA ADATTAMENTO
Secondo il DSM IV (manuale diagnostico dei disturbi mentali), lo sviluppo di sintomi emotivi o comportamentali in risposta ad uno o più fattori stressanti identificabili si devono manifestare entro 3 mesi dell’insorgenza del fattore, o dei fattori stressanti.
Questi sintomi o comportamenti devono essere clinicamente significativi (compromettere temporaneamente il benessere di vita e la qualità delle relazioni) e devono evidenziare almeno uno dei due seguenti quadri clinici:
– marcato disagio che va al di là di quanto prevedibile in base all’esposizione al fattore stressante
– compromissione significativa del funzionamento sociale o lavorativo (o scolastico).
L’anomalia correlata allo stress non deve soddisfare i criteri per un altro disturbo specifico e non deve rappresentare solo un aggravamento di un preesistente disturbo.
I sintomi non devono corrispondere a un Lutto (in questo caso si distingue dal Disturbo Post Traumatico da Stress).
Una volta che il fattore stressante (o le sue conseguenze) sono superati (si è compiuto il trasloco, si è trovato il lavoro, è passato il giorno delle nozze, ecc.) i sintomi non devono persistere per più di altri 6 mesi, altrimenti, si parla di cronicizzazione di altri disturbi dell’umore, o d’ansia, ecc.
I Disturbi dell’Adattamento possono, infine presentarsi accompagnati da una variegata forma di sintomi che possono essere vissuti dal soggetto con:
– Umore Depresso
– Ansia
– Ansia e Umore Depresso Misti
– Alterazione della Condotta
– Alterazione Mista dell’Emotività e della Condotta
COME AFFRONTARE UN DISTURBO DA ADATTAMENTO
Trattandosi di disturbi di natura reattiva, solitamente i Disturbi dell’Adattamento regrediscono entro 6 mesi e chi ne soffre trae comprensibilmente giovamento dalla rimozione del fattore stressante. Ma potrebbe anche non essere così. E’ quindi importante, laddove possibile, intervenire per cambiare quelle condizioni esterne che possono essere modificate perché non diano vita a più intenso disagio nel soggetto.
Poiché non tutte le cause sono rimovibili, e che molti cambiamenti sono definitivi, è opportuno chi reagisce ad uno o più life event sviluppando un Disturbo dell’Adattamento ricorra al sostegno di uno psicologo con l’obiettivo di ripristinare le condizioni di tranquillità ed equilibrio preesistenti rispetto all’evento pur in presenza del cambiamento e dei suoi effetti concreti.
Quando i Disturbi dell’Adattamento superano la durata di 6 mesi e sono quindi considerati cronici, infatti, aumenta il rischio di sviluppare anche un Disturbo dell’Umore (ad esempio depressione cronica), un Disturbo d’Ansia o un Disturbo da Uso di Sostanze (droghe) che possono essere prevenuti se la persona trova l’aiuto che le serve per adattarsi serenamente alla nuova situazione.
Bibliografia e sitografia: www.ansia-depressione.net/AD/depressione/D.ADATTAMENTO.html
American Psychiatric Association (2000).
DSM-IV-TR Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fourth Edition, Text Revision.Edizione Italiana: Masson, Milano.